venerdì 23 ottobre 2009

Cardarelli in 'Tarquinia a Porte Aperte 2009'

La ricorrente manifestazione ‘Tarquinia a Porte Aperte – Un museo nella città’, quest’anno prevede quattro appuntamenti legati al nostro poeta. Gli Incontri con l’Autore del Premio Tarquinia-Cardarelli si terranno nella Sala Consiliare del Palazzo comunale sabato 26 settembre, 10 ottobre e 17 ottobre. E nella stessa sala, venerdì 16 ottobre, sempre alle ore 18:00, si terrà il convegno Cardarelli: luoghi, atmosfere, sentimenti nella vita del poeta, in collaborazione con il Lions Club , in memoria del cinquantesimo anniversario della morte.


mercoledì 21 ottobre 2009

I luoghi delle poesie

Campanile chiesa S.Francesco


Ce ne sono di chiese e di chiesuole,
al mio paese, quante se ne vuole!
E santi che dai loro tabernacoli
son sempre fuori a compiere miracoli.
Santi alla buona, santi famigliari,
non stanno inoperosi sugli altari.
[...]
E San Francesco, giullare di Dio,
è pure un santo del paese mio.
Ce ne sono di santi al mio paese
per cui si fanno feste, onori e spese!
Hanno tutti un lumino e ognuno ha un giorno
di gloria, con il popolino intorno.

sabato 17 ottobre 2009

TRC Giornale.it

Ultimo fine settimana con “Tarquinia a porte aperte”
giovedì 15 ottobre 2009 08:54
Si concluderà con un weekend assolutamente da non perdere “Tarquinia a porte aperte – Un museo nella città”, la manifestazione promossa dall’assessorato alla Cultura del Comune di Tarquinia per valorizzare il patrimonio storico e artistico della città. Venerdì 16 ottobre alle ore 18, nella sala consigliare del palazzo comunale si ricorderà il poeta tarquiniese Vincenzo Cardarelli, con il convegno “Cardarelli: luoghi, atmosfere, sentimenti nella vita del poeta”.

venerdì 16 ottobre 2009

Vincenzo Cardarelli

Originario di Corneto Tarquinia, paese in provincia di Viterbo che dal 1922 ha abbreviato il proprio nome in Tarquinia, Vincenzo Cardarelli viene battezzato in realtà con il nome Nazzareno, prendendo il cognome Caldarelli da quello della madre Giovanna, l’unico genitore menzionato nei registri dello stato civile, dove non c’è traccia del padre naturale Antonio Romagnoli. Questi, uomo dai mille lavori tra cui quello di gestore del buffet della stazione ferroviaria di Corneto, morirà nel 1905, quando Nazzareno ha diciotto anni ed è reduce da un’infanzia e un’adolescenza di studi irregolari e di difficoltà dovute anche all’emarginazione subita a causa di una menomazione al braccio sinistro. Un anno prima, diciassettenne, il ragazzo è fuggito dal paese natio, diretto a Roma, dove, per sopravvivere, svolge i mestieri più umili e disparati. Entrato in contatto con gli ambienti socialisti, il futuro poeta, che ora si fa chiamare Vincenzo e ha mutato il proprio cognome in Cardarelli; viene assunto all'"Avanti!”, quotidiano del Psi, inizialmente come correttore di bozze, poi come redattore, a partire dal 1906. Durante questo periodo di attività giornalistica, intreccia una relazione con la scrittrice e poetessa Sibilla Aleramo, rapporto proseguito, tra alti e bassi, fino al 1912. Al contempo si dedica alla sua formazione culturale, rigorosamente autodidatta, leggendo classici e contemporanei e cimentandosi nelle prime prove critiche, una delle quali, uno studio sullo scrittore e poeta francese Charles Peguy, viene pubblicata sulla “Voce”, allora diretta da Giuseppe Prezzolini. L’attività saggistica prosegue anche sulle pagine della rinomata rivista fiorentina “Il Marzocco”, all’epoca vicina agli ambienti nazionalisti, su “Lirica” e sul quotidiano bolognese “Il Resto del Carlino”. A questa prima stagione romana risalgono anche i suoi esordi poetici, in forma di componimenti sparsi, e il sodalizio, destinato a rivelarsi di fondamentale importanza per il prosieguo della sua carriera letteraria, con Riccardo Bacchelli, più giovane di lui di qualche anno. Gli anni della Prima Guerra Mondiale lo vedono spostarsi tra la Toscana, il Veneto e la Lombardia, mentre lavora alle prose date alle stampe con il titolo “Prologhi” nel 1916, con il rientro finale nella Capitale alla conclusione della vicenda bellica. Il ritorno a Roma coincide con l’inizio di una nuova fase dell’operato artistico e critico di Cardarelli. Nel 1919 Vincenzo fonda infatti, insieme ad altri sei letterati, la rivista “La Ronda”, organo d’irradiamento della nuova restaurazione classicistica in nome del ritorno ai grandi della tradizione letteraria italiana, Leopardi in primis. Insieme a lui intraprendono questa nuova avventura nomi di spicco della cultura nazionale dell’epoca come Bacchelli, Emilio Cecchi e Antonio Baldini, nonché collaboratori esterni del calibro del sociologo Vilfredo Pareto, e dei fratelli Alberto Savinio, scrittore, e Giorgio de Chirico, che proprio allora elaborava il proprio stile pittorico “metafisico”. Cardarelli, dal 1920 direttore della “Ronda” insieme ad Aurelio Saffi, imprime una direzione autoriale volta al “frammento” piuttosto che al romanzo e alla poesia, e fortemente critica nei confronti dei futuristi. La breve ma intensa esperienza rondesca si chiude, in seguito a difficoltà interne, nel dicembre 1923. Nel frattempo il poeta ha pubblicato nel 1920 una seconda raccolta di prose d’arte, “Viaggi nel tempo”, a cui ne segue un’altra, “Terra genitrice”, nel 1924, tutte opere in cui Cardarelli si attiene fedelmente ai precetti stilistici e tematici che teorizzava, improntati a una ripresa dei modi espressivi tipici della migliore letteratura nostrana. Negli anni a venire compone numerose opere tra prosa e poesia, da “Il sole a picco” del 1929, vincitore del Premio Bagutta e con illustrazioni di Giorgio Morandi, a “Il cielo sulle città” del ’39, dalla summa della sua produzione lirica in “Poesie” del ’36, ristampato poi nel ’42 e nel ‘49, all’intimità di “Lettere non spedite” del ’46 e all’abbandono ai ricordi della sua crescita e maturazione di uomo e di letterato in “Villa Tarantola” (1948), libro vincitore del premio Strega dello stesso anno.Con questo volume autobiografico Cardarelli dà l’addio alla pratica letteraria, trascorrendo i suoi ultimi anni in miseria e in solitudine, confortato parzialmente dall’onorificenza a Grand’Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, conferitagli il 30 dicembre 1952. Muore il 18 giugno all’Ospedale Policlinico di Roma e viene sepolto nel cimitero di Tarquinia, di fronte alla Civita etrusca, secondo la volontà espressa nel testamento, dove riconosceva a questa il ruolo di faro nella sua navigazione tra gli scogli della sua esistenza difficile.